mercoledì 16 marzo 2011

Inno di Casaggì


Da cantarsi sull'aria di "Vendo casa" dei Dik Dik

Non c'è più la foiba, sì,
e non viene più la Meloni,
è arrivata giovedì
una multa per le affissioni

La cucina guarda che cos'è,
e i secchi di colla da lavare
e i' Torse sempre qui
che ripete: “Non lasciarsi andare!”

E la gente intorno a noi
che ci manda sempre a cacare,
ma di strano cosa c'è
stiamo fissi a appiccicare,
e chilometri a camminare

Siamo gggiòvani e ribelli, lo sai
nel Bogsàid non si sta a poltrire,
nessun muro ci resiste oramai
e s'ha tanta colla da smaltire

Un panino una birra e poi
Ernst Jünger da incollare,
nel solvente si fa il bagno tutti noi,
altrimenti un ci si po' staccare,
altrimenti un ci si po' staccare,
altrimenti un ci si po' staccare!


lunedì 7 marzo 2011

Piazza Alberti, 26 marzo: Giornata antifascista in ricordo di cinque ragazzi fucilati.


I martiri del Campo di Marte
22 marzo 1944


I Martiri del Campo di Marte furono cinque giovanissimi accusati di renitenza alla leva nell'esercito della Repubblica Sociale Italiana e fucilati dai soldati della RSI, nei pressi della Torre di Maratona dello Stadio Giovanni Berta, oggi Stadio Artemio Franchi di Firenze.

Condotti a Firenze, furono processati e sette furono condannati a morte. Di questi due furono graziati ed assegnati a reparti operativi; vani furono i tentativi di richiedere clemenza da parte delle famiglie e del cardinale Elia Dalla Costa. Era necessario, per i soldati della RSI, dare un esempio ammonitore per tutti coloro che avevano disertato o avevano l'intenzione di farlo, magari per passare direttamente nelle file partigiane come sempre più spesso succedeva.

La mattina del 22 marzo venivano fucilati:

  • Antonio Raddi, 21 anni, di Vicchio
  • Leandro Corona, 21 anni, di Maracalagonis
  • Ottorino Quiti, 21 anni, di Vicchio
  • Adriano Santoni, 21 anni, di Vicchio
  • Guido Targetti, 21 anni, di Vicchio
I cinque ragazzi furono uccisi davanti alle reclute e ad altri giovani in attesa di processo, per creare sgomento in chiunque dubitasse delle possibilità di ripresa del fascismo. Tre trovarono subito la morte alla prima raffica (Guido Targetti, Antonio Raddi e Adriano Santoni), non così gli ultimi due (Ottorino Quiti e Leandro Corona) che i testimoni videro continuare a dimenarsi nell'agonia urlando « mamma, mamma! », fino al colpo di grazia inferto dal capitano del plotone Ceccaroni con sei colpi di rivoltella. Ma il Quiti, ancora in vita nonostante la spaventosa emorragia per le terribili ferite, continuò a gridare, allora intervenne direttamente il maggiore Mario Carità per porre fine al supplizio. Alcune reclute svennero, dalle file dei testimoni si alzò anche una voce: « vigliacchi perché li uccidete? ». Esponenti del fascismo locale invece espressero soddisfazione per l'evento. La sera il maggiore Guido Loranzi chiese ai suoi soldati: « Beh, ragazzi, vi è piaciuto il cinematografo di stamattina? ». Di fronte a questi eventi e alle ciniche posizioni sostenute, i GAP fiorentini si rifiuteranno di distinguere in alcun modo nella loro rappresaglia tra il fascista qualsiasi e il fascista "di cultura", designando così il filosofo Giovanni Gentile come un obbiettivo simbolico da eliminare, vedendo in lui l'uomo che, posta la propria cultura al servizio di una dubbia ideologia, prima quella fascista nazionale e poi quella fascista repubblicana, lancia ambigui appelli alla pacificazione fra italiani attorno alla figura di Mussolini e avalla la leva militare per la RSI.

Nel luogo della fucilazione è stato eretto un sacrario, in cui si ricordano cinque renitenti ed altri tre partigiani fucilati in zona nel giugno successivo.




martedì 1 marzo 2011