martedì 17 novembre 2009

Giovanni D'Arco, ovvero I' Donzello di Pennadomo



Su pe' i' viale Milton, Giovanni d'Arco
accendea le fiaccole barcollando,
dieci febbraio, mentre nella piazza
gli berciavan di tutto, a lui e al Torselli al suo fianco.

“Delle foibe sono stanco ormai,
a un pochino di topa tornerei,
a una qualche ninfomane o alla mia sposa in bianco
per nascondere questa mia propensione a' ceffoni ed al pianto.”

“Son parole, le tue, che volevo ascoltare,
Sennò icché tu m'hai sposata a fare,
sempre là a Casaggì tra quintali di beghe,
va a finire che poi io ti pianto, e ti sfai dalle seghe.”

"E chi sei tu?", lui disse, strinacchiandosi al fuoco
“Chi sei tu, il cui sguardo sì possente mi coglie?”
“O bischerooo...! 'E so' la tu' moglie!
E ora tu torni a casa, e tu mi fai anche da cuoco!”

“Sì, ti farò da cuoco, ma aspetta ancora un poco,
ciò da mètte' l'alloro alle foibe, 'iobecco!”
Lei, tacendo, prese un grosso stecco,
una fiaccola, e senza fiatare 'ni dette foco.

E nel profondo del suo cuore rovente
lui prese ad avvolgere Giovanni d'Arco
su i' viale Milton, là davanti alla gente
proprio come Maruffi, e Le Pen approvava dal palco.

E fu dal profondo del suo cuore rovente
che lui prese Giovanni e lo colpì nel segno
e lui capì chiaramente
che su' moglie era stufa, e che lui stava facendo il legno.

(Liberamente tratto da Giovanna d'Arco di Fabrizio De André,
a sua volta traduzione di Joan of Arc di Leonard Cohen)



Miao!